martedì 7 luglio 2009

Primo capitolo :)

Oggetto: Festa di Capodanno!
Ciao Marco, come ti avevo già anticipato, ho ultimato da poco i lavori nella mia nuova casa e sto organizzando la festa di capodanno. Mi piacerebbe tantissimo se venissi anche tu, così finalmente ci rivediamo! Fammi sapere Ciao Edoardo
RE: Festa di Capodanno! Ciao Ed, verrò sicuramente, anzi, ho già preso qualche giorno di ferie e sono d’accordo con mia zia che dormirò a casa sua in quanto nella mia non ci sono ancora i mobili. In ogni caso, nel giro di pochi mesi traslocheremo e torneremo a viverci definitivamente per giugno. Come sai già, presto darò le dimissioni e inizierò a lavorare nel negozio di mio zio lì a Montebello… ormai ho deciso! Se sei d’accordo pensavo di portarmi dietro anche mia sorella. Verremo da te già nel pomeriggio così ti diamo una mano. Dimmi se devo portare qualcosa. A presto! Marco
RE: RE: Festa di Capodanno!
Nessun problema, mi fa piacere rivedere anche Eleonora! Venite pure sul presto ma non portate nulla che ho già pensato a tutto io. Festeggeremo come ai vecchi tempi! : -) Vi aspetto. Ciao! Edoardo
Marco ed Eleonora erano stati assenti da Montebello, loro paese di origine, per diversi anni e in questo lasso di tempo gli era già capitato più volte di incontrare sull’autostrada l’uscita per raggiungere quei luoghi, ma non avevano mai avuto la necessità, oppure l’occasione, di imboccarla.
Questa volta invece era diverso, poiché era proprio Montebello la loro meta. Conoscevano la strada a memoria e percorrerla era come tornare sul sentiero dei ricordi dove ogni singolo metro aveva il sapore di cose già note e di esperienze già vissute.
In lontananza apparve il cartello che sempre più chiaramente dava loro il benvenuto:
MONTEBELLO (356 m slm)
E così, dopo molte ore di viaggio, erano arrivati a destinazione. Eleonora si girò verso il fratello e vide che il suo volto era illuminato da un sorriso
«Perché ridi?»
«Perché sono molto felice di rivedere i miei vecchi amici, chissà come sono cambiati! E poi sarà divertente trascorrere la serata tutti insieme»
Lei sospirò con rassegnazione «Io invece temo di annoiarmi. Spero solo che ci sia Angelica, almeno so con chi parlare.»
«Non avrai mica l’intenzione di mimetizzarti con l’arredamento e tacere tutto il tempo, mi auguro. In fondo li conosci pure tu i miei amici e magari potresti anche incontrare gente nuova.»
«Mah, chissà.» Gli rispose senza entusiasmo. Ogni volta che doveva partecipare ad un raduno che implicasse un folto numero di persone, lei si sentiva a disagio e come paralizzata dalla paura di essere osservata (e giudicata) dagli altri.
«D’altra parte preferivi rimanere a casa? Secondo me ti saresti annoiata ancora di più. Te lo dico col cuore in mano, Eleonora, tu devi assolutamente superare il tuo brutto difetto di chiuderti ed essere scontrosa con le persone e le situazioni che ancora non conosci! Quante volte non avevi voglia di fare qualcosa, eri seccata, e poi mi hai detto che invece ti eri divertita tanto?»
«Ma poi sono tutti amici tuoi, io c’entro poco.»
«Ma non è vero, su.»
«E poi già il padrone di casa è insopportabile.»
«Perché, che ti ha fatto? Sono anni che non vi vedete!»
«E meno male! Da piccoli stava sempre lì a stuzzicarmi per farmi arrabbiare. Era un ragazzino snob ed egocentrico e sicuramente adesso sarà ancora peggio.»
«D’accordo, ma tu stai parlando di quando avevi circa tredici, o forse quindici anni… lo sai che nel frattempo Edoardo è cresciuto? Non credo proprio che ora assuma nei tuoi confronti quegli atteggiamenti indisponenti che dici tu. Anzi, credimi, col tempo è diventato tutta un’altra persona.»
«Lo dici perché è amico tuo.» Gli rispose mantenendosi sulla difensiva
«Vedrai con i tuoi stessi occhi se dico fesserie! Comunque, adesso mi devo concentrare sulla strada»
Marco tirò fuori della tasca un foglio di carta su cui aveva segnato a penna le indicazioni per raggiungere la casa di Edoardo «Dunque qua dice che devo attraversare Montebello e proseguire verso Carpeneto.»
«Ma non abitano dietro la piscina?»
«No. Quella casa lì l’hanno venduta sei anni fa e poi si so-no trasferiti vicino al mobilificio, in una villa più grande. Nel frattempo Edoardo ha comprato una casa tutta sua. Mica poteva vivere ancora sotto lo stesso tetto con i suoi genitori, alla sua età.»
«Ah non lo sapevo. E Angelica?»
«Lei poi si è sposata, abita con il marito.»
«Quanti cambiamenti!»
«Ele, guarda che il tempo passa per tutti, eh!»
Attraversando Montebello, Eleonora fu colta da un moto di gioia improvvisa poiché ogni angolo parlava del suo passato; le strade, le case e persino i negozi erano rimasti esattamente come li aveva lasciati, aspettando con pazienza il suo ritorno. Lei avrebbe voluto scendere dalla macchina e parlare con la gente, vedere se si ricordavano di lei, ma in pochi minuti superarono il paese per proseguire su una lunga strada in aperta campagna che alla fine li accompagnò in una zona un po’ isolata, dove l’unica costruzione era un grande casolare circondato dagli alberi.
«Eccoci, siamo arrivati.» annunciò Marco ripiegando il foglio e parcheggiandosi a pochi metri dalla porta di ingresso.
«È questa?» chiese guardandosi intorno ammirata «Che bella!»
«Sì, è vero, proprio bella! Ah eccolo lì!»
Edoardo apparve sulla soglia, materializzandosi improvvisamente dai ricordi di Eleonora. Lei rimase interdetta fin dal primo momento in cui lo vide, trovandolo istintivamente cambiato da come se lo ricordava ma senza capire di primo acchito in cosa fosse diverso.
Marco scese dalla macchina rapidamente per salutarlo con grande affetto mentre Eleonora si avvicinava a passi lenti, quasi nascondendosi dietro allo sportello.
Edoardo era un giovane uomo alto e prestante. Aveva i capelli castani scuri, mossi e corti che incorniciavano un viso dai lineamenti dolci ma decisi, illuminato dagli occhi verdi chiari.
Abbracciò e baciò Marco con affetto ed Eleonora assistette alla scena provando imbarazzo nell’attesa che avesse fatto altrettanto con lei, poiché da quando si conoscevano lui l’aveva sempre messa in agitazione, nel bene o nel male.
«Ciao, siete arrivati finalmente!» Disse a Marco tenendogli una mano sulla spalla.
«Come ci sei finito quaggiù? Non mi è stato mica facile trovarti.»
«Lo so, però ti assicuro che è un posto spettacolare.» Gli rispose rivolgendosi un momento dopo verso Eleonora con un sorriso smagliante «Ciao Ele!»
Lei gli fece educatamente un cenno con la mano, rimanendo “al sicuro” e immobile dietro la macchina.
Invece lui si avvicinò deciso e la baciò sulle guance strappandole un timido sorriso.
«Quanto tempo! Come stai?» Le chiese ammirandola nella sua figura.
«Bene, grazie, e tu?» Gli rispose comportandosi come se l’avesse appena conosciuto
«Benissimo. Caspita come sei cresciuta, non sei mica più la bambinetta di casa! E io mi sento inesorabilmente sempre più vecchio.»
Lei gli rispose con un altro sorriso, pronunciando ad alta voce la prima frase che le venne in mente per non rimanere in silenzio «Sì infatti, il tempo passa.»
Di fronte ai suoi modi impacciati, Marco intervenne ridendo «Mia sorella teme che tu le faccia qualche battutina cattiva delle tue.»
«Ma no, Ele! Giuro che sarò bravo!» Rispose Edoardo divertito. Lei abbassò lo sguardo a terra soffocando una risata e, di fronte al suo viso imbarazzato, Edoardo tagliò corto e li esortò ad entrare in casa.
Li fece accomodare e gli chiese di dargli le giacche. Eleonora se la tolse mentre Edoardo la osservava sorridendole. La sua innata timidezza la metteva sempre in difficoltà e senza che se ne accorgesse le uscì un “Ciao” detto quasi sottovoce che la fece sentire sciocca: non aveva senso, si erano appena salutati.
Per tutta risposta ricevette da lui una carezza sulla spalla come gesto di confidenza e fraternità; un semplice piccolo gesto che, in qualche modo, la colpì.
Poi lui li portò a fare un giro della casa mostrandogli una stanza dopo l’altra, descrivendo come avesse scelto i colori delle pareti, le piastrelle, i mobili e le suppellettili.
«La festa la faremo invece nel seminterrato, venite che vi faccio vedere.» Disse facendo strada lungo una scala che scendeva al piano sottostante.
La stanza era ampia e arredata in stile rustico. In fondo, su una parete, c’era un tavolo imbandito e dall’altra parte una consolle per la musica.
«Più tardi verrà un mio amico dj.»
«Bello!» Commentò Marco, guardandosi intorno
«L’intenzione è quella di fare una vera e propria festa come quelle che facevamo da ragazzini, in puro stile anni ottanta, visto che gli invitati sono prevalentemente vecchietti e nostalgici come noi.» Disse entusiasta
Fino a quel momento Eleonora era rimasta ad ascoltarlo senza intervenire e approfittò di un momento in cui lui tacque per chiedergli notizie di Angelica, sua sorella.
«Verrà stasera, anche se mi ha detto che non si tratterrà molto, visto che è incinta e non si deve stancare.» Le rispose con gli occhi fissi su di lei, soffermandosi così a lungo da indurla a distogliere istintivamente lo sguardo dal suo viso, per poi notare la mano appoggiata allo stipite della porta.
Arrossì, pentita di aver attirato l’attenzione su di sé con quella domanda e lui se ne accorse ma lasciò correre, conoscendola.
«Torniamo di sopra che vi mostro dove potete prepararvi per la serata.» Aggiunse, dirigendosi verso le scale.
Più tardi iniziarono ad arrivare anche gli altri invitati e piano piano la riunione prese vita. Oltre ai vecchi amici, Edoardo aveva invitato anche una sua cugina, Veronica, che Marco ricoprì di attenzioni durante tutta la sera, trascurando la sorella che finalmente si sentiva libera dal suo continuo controllo.
Eleonora osservava gli altri che ballavano, parlavano e scherzavano tra loro, rimanendo da sola in un angolo e chiusa nella sua introversione. Per apparire più disinvolta, sor
Sorseggiava un bicchiere d’aranciata e dispensava dei timidi sorrisi a tutti i volti conosciuti che si avvicinano al buffet accanto a lei. Alcuni si fermavano a parlarle e lei rispondeva con educazione alle loro domande, facendo tuttavia fatica ad ordinare le parole che spesso uscivano tronche e balbettate dalla sua bocca; mentre parlava si guardava intorno distrattamente intravedendo di tanto in tanto Edoardo tra la gente, il quale faceva di tutto per mettere gli altri a loro agio. Lui era simpatico e molto cordiale, pensò, mentre un sorriso spontaneo le nacque sul volto senza che se ne accorgesse, dondolando appena il corpo, sulle note conosciute di “Bette Davis Eyes”.1
Rimase immobile nello stesso punto a lungo, attendendo con crescente impazienza l’arrivo di Angelica. Lei era per Eleonora come una sorella maggiore, quella che non aveva mai avuto, ed erano legate da un rapporto di affetto e confidenza reciproca fin dalla nascita.
Angelica era una donna sui quarant’anni, alta e longilinea. Una cascata di capelli biondi le scendeva fin sotto le spalle e aveva gli occhi celesti chiari ed espressivi. Camminava con eleganza raffinata nonostante fosse quasi alla fine della gravidanza.
Quando Eleonora la vide finalmente arrivare, le andò incontro immediatamente.
Angelica la riconobbe all’istante e l’abbracciò «La mia piccola Eleonora Ascenzi!!!» Gridò entusiasta. «Come stai tesoro? È tanto tempo che non ci si vede! Fatti guardare: sei bellissima!»
«Angi che bello rivederti! Stavo cominciando a pensare che non saresti venuta.»
«Uh no, figurati se potevo declinare l’invito di mio fratello, mi avrebbe tenuto il muso per giorni.»
«Come stai? A quando il lieto evento?»
«Benino, ogni tanto qualche capogiro, ma meno male che ormai mancano solo sei settimane.»
«Che bello, chissà che gioia!»
«Eh sì! Spero che arrivi presto il momento perché non ce la faccio più.»
«Magari vengo a trovarti in ospedale.»
«Non ci credo, l’ultima volta che ti sei fatta viva risale a un secolo fa e sempre e solo per telefono, non sei mai più venuta di persona!»
«Lo so, hai ragione! Adesso sono presa dall’università, l’ho quasi finita. Però prometto che quando tornerò a vivere qui sarò sempre a casa tua!»
«Fantastico, così chiacchiereremo ad oltranza! Però ci conto eh!»
«Mi piacerebbe anche salutare i tuoi genitori prima di andare via.»
«Dai vieni che saranno contenti anche loro di vederti. E poi sei cambiata così tanto!»
«Dici davvero?»
«Certo! Anche Edoardo ne è rimasto colpito.»
«Ah sì?» le chiese assolutamente sorpresa
«Sì sì, dice che da brutto anatroccolo ti sei trasformata in una bellissima ragazza, attraente e delicata, parole sue.» Rise «Potrebbe fare il poeta!»
Eleonora sorrise a mezza bocca in sintonia con l’umorismo con cui Angelica le stava parlando, prendendo allo stesso tempo coscienza che quel complimento arrivatole indirettamente da Edoardo le aveva invece creato agitazione. Voleva dire qualcosa per sdrammatizzare ma Angelica si voltò sentendo Marco ed Edoardo avvicinarsi per raggiungere le rispettive sorelle e cingere ognuno le spalle di quella dell’altro.
Le parole di Angelica vibravano ancora nell’aria ed Eleonora accolse quel gesto d’affetto di Edoardo e la sua vicinanza rimanendo immobile ed evitando di guardarlo.
«Allora, di nuovo tutti insieme!» Esclamò Marco alzando il bicchiere che aveva in mano «Un brindisi a noi quattro!»
«Cin cin!» Fecero tutti abbracciati formando un cerchio.
«Che bello ragazzi, vi voglio davvero un enorme mondo di bene!» Disse Angelica, stringendosi tra Marco ed Eleonora.
«Ve lo devo confessare: nel momento in cui ho pensato di organizzare questa festa, ho voluto cogliere l’occasione del capodanno per tornare a stare un po’ insieme.» Disse Edoardo tenendo il bicchiere a mezz’aria. «Dunque, propongo un altro brindisi, a Marco ed Eleonora, i miei carissimi amici e fratelli!»
«E speriamo di non dover traslocare mai più da Montebello.» Sottolineò Marco accogliendo il suo gesto.
«Davvero!» Intervenne Angelica. «Però se devo essere sincera ho sempre pensato che in un modo o nell’altro sareste tornati a vivere qui. Forse perché non avete mai venduto la casa.»
«Sì anche io l’ho sempre creduto» Le fece eco suo fratello
«Io…» iniziò a dire Eleonora con voce flebile mentre gli altri tre facevano fatica ad ascoltarla a causa della confusione. Allora lei alzò la voce, sforzandosi parecchio «Io sono felicissima di essere ancora qui con voi, mi siete mancati!»
Angelica la strinse e le diede un bacio sulla tempia e il fratello fece quasi contemporaneamente la stessa cosa.
«Anche tu Ele ci sei mancata tanto, vero Edo?»
«Certo che sì!»
La compagnia si separò ed Eleonora si ritrovò da sola a girare per la stanza. Ad un certo punto riconobbe Germana, la fidanzata di Edoardo. Desiderò fin da subito di evitarla, poiché ogni volta che in passato avevano avuto occasione di parlare, Eleonora si era sentita a disagio e sotto esame.
La penombra riusciva a nasconderla fintanto che non veniva illuminata dalle luci colorate e poteva contare anche sul fatto che con Germana non aveva mai avuto un rapporto confidenziale e a meno che non decidesse di andare a salutarla, l’altra non l’avrebbe sicuramente fatto.
Così, si sedette vicino al muro e la osservò: Germana era molto magra e molto alta, quasi mascolina nell’aspetto e nei modi, aggressiva e sicura di sé. La vedeva gesticolare in mezzo ad un gruppo di persone e parlare senza dare spazio agli altri.
Con lo sguardo fisso su di lei, Eleonora cercava di capire cosa avesse potuto condividere con Edoardo, supponendo dalla sua presenza che stessero ancora insieme come li aveva lasciati quando era partita. Rifletté che loro probabilmente erano stati molto fortunati a trovare quella perfetta alchimia di coppia che lei non aveva ancora avuto modo di provare in prima persona, non essendosi mai innamorata veramente.
Era ancora assorta in quei pensieri, quando un ragazzo che non aveva mai visto prima si sedette accanto a lei e le chiese come mai non avesse compagnia.
«Veramente sono qui con mio fratello.» Rispose allontanandosi da lui di un posto
«Meno male, pensavo che dicessi col tuo fidanzato! Allora ci sono possibilità che tu possa incontrare la tua anima gemella stasera.»
Lei tacque, l’insofferenza verso quella inaspettata confidenza aveva innalzato una barriera tra loro
«Piacere, io mi chiamo Eugenio e tu?»
«Eleonora.» Gli disse, costretta a porgergli la mano
«Che bel nome Eleonora! Molto adatto ad una ragazza così carina.» Le disse sornione
«Grazie.» Le parole incolori di Eleonora tradirono il suo stato d’animo seccato per quel corteggiamento indesiderato ma lui non si perse d’animo e rialzandosi in piedi cercò di tirarla su per il braccio: «Dai alzati, andiamo a fare un giro insieme.»
«No guarda, proprio no!» Gli rispose implorante, opponendo resistenza.
«Dai non vorrai mica rimanere da sola qui tutta la sera.»
«Perché no, potrei preferire così!» Si voltò guardando nel vuoto di fronte a sé, meravigliata di essere riuscita ad assumere un atteggiamento più brusco.
Edoardo era poco distante da loro e aveva notato la scena. Decise di intervenire e si avvicinò rapidamente; quando fu di fronte a loro, Eleonora desiderò di allontanarsi da entrambi il prima possibile mentre Eugenio guardò il cugino con fare perplesso, seccato per la sua intromissione.
Edoardo si rivolse a lei «Mi aiuti a prendere i fuochi? Tra poco è mezzanotte.» La prese per mano per farla alzare in piedi ed Eleonora lo assecondò d’istinto, capendo che la stava aiutando a liberarsi dalla fastidiosa situazione in cui si era ritrovata suo malgrado.
«Mi dici il tuo segreto? Con me fa la ritrosa.» Lamentò Eugenio
«Sarà meglio che non insisti con lei, Eleonora è una brava ragazza e non fa per te.» Gli disse l’altro allontanandosi da lui e uscendo dalla stanza.
Una volta da soli, Eleonora lo ringraziò trattenendo uno slancio di buonumore
«Avevo capito che ti trovavi in difficoltà e non mi sono fatto i fatti miei.» Le rispose, con un bel sorriso
«Infatti non lo sopportavo più.» Aggiunse lei con inedita complicità
«Non farci caso, mio cugino è sempre così, hai fatto bene a non dargli spago. Ha un modo di fare che imbarazza anche me.»
Lei realizzò di averlo di fronte: erano soli ed Edoardo la stava fissando di nuovo negli occhi. Il sorriso le scomparve dal volto e in un istante si trovò a cercare febbrilmente qualcosa da dire per rompere la tensione in cui era caduta.
Lui però fu il primo a parlare «Ti stai divertendo, comunque, cugini rompiscatole a parte?»
«Sì, molto! E poi la tua casa è molto bella.»
«Cosa c’entra?» Le chiese con una risata
«Niente.» Rise anche lei facendo spallucce «Comunque… mi sto divertendo» Aggiunse piano
«Beh non si direbbe, sei sempre da sola e non hai ancora ballato con nessuno.»
«Forse perché nessuno mi ha ancora invitata.» Rispose candidamente realizzando troppo tardi che lui avrebbe potuto scambiare quella frase per un invito.
«Vedrai che prima o poi succederà, Ele, la serata è ancora lunga» Le disse con voce dolce
Germana apparve all’improvviso alle loro spalle: la sua gelosia l’aveva spinta a seguirli.
«Che fai amore?» Chiese, malcelando un certo disappunto nel trovarli da soli, lontani dagli altri e soprattutto fuori dal suo controllo.
Edoardo si girò di scatto e le rispose tranquillamente «Niente, amore.» Con un sarcasmo così pungente e aspro nella voce da stupire Eleonora.
«Sei sparito!» Aggiunse lanciando un’occhiataccia ad Eleonora, la quale si affrettò a trovare una giustificazione per fugare qualunque sospetto «Stavamo prendendo i fuochi d’artificio.»
Germana l’ascoltava facendosi avanti a passi lenti, squadrandola dal basso verso l’alto «Lasciala stare poverina, ti aiuto io. Tu cara vattene pure di là, non ti preoccupare!»
Edoardo le aveva voltato le spalle, dimostrandole apertamente che non gradiva la sua presenza «No, grazie, se avessi avuto bisogno di te ti avrei chiamata.»
«Beh, allora, visto che siete già in due…» Intervenne nuovamente Eleonora «Vado io di là, così non vi impiccio.»
Si dileguò in un secondo, togliendo ad entrambi la possibilità di replicare; era più giusto così, pensò, e si allontanò provando comunque un inconsapevole sentimento di contrarietà.
Dall’altra parte della stanza vide Eugenio che nel frattempo si era messo dietro ad un’altra ragazza e ne fu sollevata: in fondo ne era valsa la pena di sopportare il confronto con Germana per liberarsi di quello scocciatore.
A pochi minuti dalla mezzanotte, il dj fermò come da copione i festeggiamenti, facendo ascoltare a singhiozzi “Dance hall days”2 e invitando tutte le persone presenti a non perdere di vista le lancette dell’orologio.
Ogni anno si ripeteva lo stesso rituale ed Eleonora rimaneva puntualmente affascinata dalla sensazione palpabile di aspettativa generale che si creava di punto in bianco. Scandirono all’unisono gli ultimi dieci secondi del 1999, alla fine dei quali stapparono le bottiglie di spumante lanciando tappi per la stanza come granate su un campo di battaglia. Brindarono e si scambiarono gli auguri in una confusione tale che Eleonora fece fatica ad individuare suo fratello, Angelica ed Edoardo, desiderando di condividere soprattutto con loro quel momento di allegria.
Rimase immobile cercando tra la gente finché non sentì un braccio cingerle la vita e la voce di Angelica farle gli auguri, tintinnando il flûte contro il suo «Che il nuovo anno ti porti tantissime fantastiche sorprese!» le disse con un bacio sulla guancia.
«Grazie Angi anche a te!» Le rispose felice. Poi esitò un momento e le chiese «Hai per caso visto i nostri due fratelli?»
«Sì, sono lì.» Le rispose indicando a poca distanza.
Marco ed Edoardo erano uno di fronte all’altro ed Eleonora li raggiunse a passi lenti. Appena gli fu vicina, i due ragazzi si girarono contemporaneamente verso di lei e Marco le diede un bacio sulla guancia «Buon anno sorellina!»
Lei si girò verso Edoardo sollevando il bicchiere come a volersi tenere a distanza ma lui si avvicinò in un secondo per baciarla a sua volta e brindare con lei «Buon anno Ele!»
Lei non rispose, ma accennò un sorriso che brillò sotto le luci colorate, che ricevette in cambio un delicato buffetto sulla guancia.
Marco esortò l’amico ad uscire in giardino per accendere i fuochi d’artificio e in breve tempo si allontanarono entrambi da lei.
Subito dopo uscirono anche tutti gli altri, lasciando la stanza semi vuota. La serata era molto fredda; il cielo terso illuminato dalla Luna faceva da sfondo alle fontane brillanti e multicolori che per qualche istante offuscarono le stelle.
Eleonora si era rifugiata in un angolino vicino all’uscita, stringendosi nelle braccia e facendo attenzione a non urtare contro le luci incandescenti che con una danza intermittente ricordavano ancora che il Natale era vicino, anche se passato.
Lei si sentiva felice nell’osservare il fratello che si divertiva a scoppiare i fuochi d’artificio con Edoardo, il suo più grande amico di sempre e ancora più felice al pensiero che finalmente entro poco tempo avrebbero potuto di nuovo frequentarsi come una volta, condividendo quel rapporto speciale che li univa fin dalla nascita.
«Brrr che freddo!» Angelica le fu accanto e l’abbracciò «E tu che sei pure vestita di niente! Torna dentro altrimenti rischi di ammalarti!»
Rientrarono per continuare a contemplare quello spettacolo di luci dalla finestra, ancora abbracciate, mentre di fianco a loro giunse Germana. Eleonora percepì la sua presenza e rimase immobile, guardandola con la coda dell’occhio.
«Tuo fratello non crescerà mai.» Commentò quella, seccata
Angelica si girò e la guardò indispettita «In che senso scusa?»
«Mi aveva detto che quest’anno non avrebbe fatto niente per capodanno e invece eccolo lì che fa lo scemo con Marco. Adesso magari si fa pure male!»
«Direi che è abbastanza grandicello no? Lascialo stare che si sta divertendo per una volta!»
«Saremmo stati meglio in montagna, a sciare, invece che rinchiuderci qui»
Angelica la ignorò e Germana si allontanò sbuffando. Eleonora tacque, perplessa.
«Non farci caso, quella deve sempre guastare le feste, è una gran rompiscatole che deve prevaricare su ogni cosa che fanno gli altri. Sembra che ce l’abbia con il mondo intero!»
«Sono ancora fidanzati… mi pare di aver capito.»
«Purtroppo sì.» Le rispose, fissando il fratello fuori in giardino che parlava accanto al suo amico «Ma secondo me farebbero bene a lasciarsi.» Continuò assumendo un tono più grave. «Mio fratello ha bisogno di una ragazza diversa, una che sia dolce e che sia veramente innamorata di lui, non di una che mira solo ai suoi soldi e al suo status.»
«Perché? Non si amano?»
«Una volta forse sì, ma detto tra noi ormai sono vittime dell’abitudine e mio fratello non ha il coraggio di troncare. Sai quante volte me l’ha detto che non sente più trasporto nei confronti di Germana? Innumerevoli. Non c’è più amore né stima reciproca e ogni volta che litigano e si allontanano io spero sempre che sia quella buona ma poi lei riesce sempre a riprenderselo facendo leva sulla sua bontà d’animo, potendo contare anche sull’appoggio totale di mia madre.»
Eleonora l’ascoltava mordicchiando il bordo del bicchiere di plastica mentre la curiosità di approfondire quell’argomento cresceva ad ogni parola che usciva dalla bocca di Angelica.
«Mia madre vorrebbe vederli sposati prima possibile e martella mio fratello ogni giorno. Lui però prende tempo perché non è del tutto scemo e sa bene che sarebbe una scelta sbagliata.»
«Beh… se non è sicuro, fa bene a…»
«Sì, concludendo sono fermamente convinta che dovrebbero lasciarsi. Ci vorrebbe un qualcosa o meglio qualcuno che desse una smossa alla situazione. Vorrei che mio fratello o lei prendessero una sbandata per qualcun altro, un motivo valido per allontanarsi del tutto e finalmente per sempre.»
Il marito di Angelica interruppe i loro discorsi bruscamente: per loro era ora di andare a casa. Salutò Eleonora e la invitò ad andarla a trovare prima di tornare in città.
«Lo spero tanto! Dobbiamo assolutamente vederci ancora.» Le rispose, sentendo già la sua nostalgia.
Andata via Angelica, Eleonora fu di nuovo sola, in disparte. Nonostante conoscesse molte persone in quella sala, non cercava la compagnia di nessuno.
Così, infreddolita e stanca, si scelse un posticino tra il termosifone e il buffet e spizzicando delle patatine si mise ad osservare gli altri che ballavano e si divertivano, lanciandosi stelle filanti e bevendo dalle bottiglie di spumante. Mentiva a sé stessa che lei non aveva bisogno di stare in mezzo agli altri per stare bene. Sospirò, arrendendosi ai suoi stessi limiti. Agitava la bibita nel bicchiere e fissava le bollicine che scoppiettavano una dopo l’altra risalendo in superficie, muovendo contemporaneamente le labbra per canticchiare le parole di “Face to Face, Heart to Heart”,3 un’altra canzone che apparteneva alla sua adolescenza.
“I thought it would be easy To forget you For after all it’s been Such a long time And yet the memories of you Still hurt me They’ve been inscribed With needles in my mind I’m sure I could convince you If only you would let us meet again Face to face – Heart to heart”
Improvvisamente sentì la presenza di qualcuno e alzò subito gli occhi: Edoardo si era avvicinato a lei per poi abbassarsi e comparire di fronte al suo viso «Che fai sempre da sola?»
Lei lo guardò del tutto impreparata a quell’incontro e fu costretta a riflettere in fretta per trovare una frase sensata da dirgli «Hai organizzato proprio una bella festa.»
«Vuoi ballare?» Tagliò corto lui prendendola per mano per farla alzare dalla sedia mentre lei faceva resistenza «Oh no, grazie lo stesso, preferisco rimanere qui»
«Io non penso.» Le sorrise trascinandola a forza in mezzo alla stanza. Eleonora si vergognò moltissimo credendo di avere tutti gli occhi addosso. Si avvicinò all’orecchio di Edoardo e gli disse che non sapeva ballare.
«Allora fatti guidare da me!» Gridò per sovrastare la musica.
Poco convinta all’inizio, imbarazzata da morire mentre lui continuava a fissarla negli occhi e a sorriderle, Eleonora era rigida come il marmo. Lui però era così coinvolgente che dopo pochi minuti lei iniziò a ridere e a divertirsi come non le accadeva da tempo.
Le distese un braccio improvvisando dei passi veloci, facendola girare e terminare con un casquet che quasi fece perdere ad entrambi l’equilibrio. Le agitò le braccia per muoverle a tempo e subito dopo l’abbracciò per qualche secondo per
poi farla girare di nuovo su sé stessa, muovendo adesso anche lui le labbra per seguire il testo della canzone.
Face to face – Heart to heart Face to face – Heart to heart
«Sei matto!» Gli urlò tra le risate che le tolsero il fiato, ricevendo in cambio un ampio sorriso.
Di punto in bianco iniziò una canzone lenta e romantica ed Eleonora accennò ad andarsene perché un ballo veloce poteva andare, ma un lento implicava un contatto più vicino e lei non si sentiva pronta psicologicamente ad affrontarlo.
«Dove pensi di andare…» Le sussurrò tenendola così stretta che lei non poté più scappare via.
Con il viso a poca distanza dal suo, Eleonora cercava Germana nella stanza ma non riusciva a vederla da nessuna parte.
«Non dovresti invitare la tua fidanzata?» Gli disse con la voce spezzata
«Lei odia ballare» Il suo respiro contro l’orecchio le provocò un brivido inaspettato mentre percepiva il calore delle sue mani che la cingevano con delicatezza la vita. Lei appoggiava le braccia sulle sue con estrema cautela come se fossero di cristallo; avrebbe voluto rilassarsi ma era molto tesa e rimproverò sé stessa per sentirsi così stupidamente turbata.
«Dedicato a tutti gli innamorati: Crazy for you.» Disse il dj al microfono.
Edoardo appoggiò la guancia sulla sua e le sussurrò una domanda che non si aspettava «E tu sei fidanzata?» «No…» Gli rispose smarrita, inaspettatamente contenta di averglielo detto. Ondeggiavano lentamente girando su loro stessi. Eleonora osservava gli altri ai lati della stanza e si meravigliò che in fondo nessuno badava a loro se non per lanciargli occhiate distratte. “I’m crazy for you Touch me once and you’ll know it’s true I never wanted anyone like this It’s all brand new, you’ll feel it in my kiss I’m crazy for you, crazy for you”
Le note vibravano per tutta la stanza e nell’aria, scandendo i respiri di Eleonora; la musica sembrava suonare solo per loro, cullando lei in uno smarrimento sempre più forte in cui non aveva armi da opporre. Continuavano a ballare guancia a guancia, in silenzio, e lei si sentiva impacciata al punto che cercò di distrarsi dalla sua vicinanza ascoltando le parole del-la canzone, cercando di capirne il testo, ma più ne afferrava il significato e più si sentiva a disagio di fronte a quella dichiarazione d’amore a tutto volume.
“Slowly now we begin to move Every breath I’m deeper into you”
Intorno a loro le altre coppie erano strette in un romantico abbraccio e lei si rese conto che loro erano probabilmente gli unici ad essere solo amici.
Lui le regalò un altro sorriso «Hai visto che alla fine qualcuno ti ha invitata a ballare?» Le disse guardandola negli occhi ed Eleonora, per quanto si sforzasse, non riusciva a fare altrettanto.
«Già, hai visto?» Gli rispose con una piccola risata nervosa.
Sentì le guance andarle in fiamme e fu contenta che nel buio che li avvolgeva lui non potesse accorgersene.
Edoardo capì che non c’era nulla da fare: Eleonora era completamente in balìa della sua timidezza, la conosceva bene e trovò che da quel punto di vista lei non era affatto cambiata e le faceva una tenerezza infinita.
Quindi, per sdrammatizzare, iniziò a scherzare canticchiando vicino al suo orecchio, scimmiottando il romanticismo della canzone che ora era leggermente più veloce man mano che stava scemando.
Lei sorrise divertita: ormai era in suo potere e si lasciava trascinare nei movimenti chiedendosi se quello che le stesse accadendo fosse reale, se avesse avuto un senso.
Appena finita la musica, Edoardo si distanziò leggermente da lei e le strinse le mani con dolcezza «Ti andrebbe qualcosa da bere?» Le chiese. Lei accettò volentieri e s’incamminarono insieme verso il buffet; aspettò educatamente che le versasse qualcosa, porgendogli il bicchiere con un braccio, accorgendosi in quell’istante che le era rimasto il suo profumo sulla guancia. Fece finta di non badarci.
La musica era cambiata del tutto e le note ritmate di “Step by step”5 spazzarono via la dolce atmosfera che li aveva avvolti poco prima, risvegliando Eleonora come da un sogno e spingendo gli altri a ballare affollando il centro del-la stanza.
«Tuo fratello si è preso una cotta per mia cugina.» Le disse in piedi vicino a lei, indicandole la nuova coppia in mezzo alla pista che ballava stretta immersa in una dimensione privata di sintonia, lentamente, nonostante il ritmo fosse tutto diverso.
«Già, lo credo anche io. Chissà a che ora potrò tornare da mia zia.»
«Hai fretta di andartene?»
«No, no! Cioè… non intendevo dire questo.» Si affrettò a rispondere.
«Meno male, mi avresti offeso!» Scherzò sfiorandole la spalla
Eleonora gli sorrideva ammirata, contenta del nuovo Edoardo che aveva di fronte a sé, felice che ora si poteva anche considerare sua pari, avendo l’uno e l’altra un’età che non faceva più percepire i dieci anni che li separavano.
Un amico di Edoardo si avvicinò all’orecchio di lui per dirgli qualcosa, attirandolo via con lui.
«Scusami, torno dopo.» Le disse poco prima di allontanarsi e lei si guardò intorno per scrutare gli altri: Germana sembrava essersi volatilizzata e a quel punto riuscì a tirare un sospiro di sollievo.
Le ore passarono e lei era sempre più stanca del rumore e dei festeggiamenti. Così salì al piano di sopra per cercare il divano e sonnecchiare un po’ in attesa che Marco si congedasse dalla sua nuova fiamma.
Si tolse le scarpe e si rannicchiò infilando i piedi infreddoliti e doloranti tra i cuscini. Pochi minuti e si addormentò profondamente.
Dopo un po’ di tempo sentì una mano sfiorarle delicatamente la guancia e aprì subito gli occhi.
«Sei qui dormigliona.» Le disse Edoardo sedendosi accanto a lei
«Scusami.» Gli rispose tirandosi su e sistemandosi il vestito «Ma ero così stanca che…»
«Figurati! Hai fatto bene, sono molto stanco anche io.» Dis-se stirandosi e fregandosi il viso «Siamo rimasti solo noi due, tuo fratello, Veronica e una stanza disordinata.»
«Davvero? Ma che ore sono?»
«Le sei.»
«Certo che il tempo vola!» Commentò avendo subito dopo l’impressione di dire solo sciocchezze. Serrò le labbra.
«Quanto vi tratterrete qui a Montebello?» Le chiese, affondando nei cuscini morbidi e volgendosi verso di lei, che nel frattempo si stringeva sempre più nell’angolo tra il bracciolo e lo schienale. «Partiamo dopodomani perché Marco deve tornare al lavoro.» Gli rispose sistemandosi i capelli dietro l’orecchio con un gesto nervoso
«Sono veramente contento che torniate a vivere qui in primavera. Siete stati troppo tempo lontani secondo me.»
«Sì, è vero, undici anni sono davvero tanti.»
Eleonora si strinse nelle spalle, presa da un brivido di freddo
«Aspetta.» Le disse Edoardo sfilandosi la giacca e mettendogliela sulle spalle con garbo mentre lei sentì una scia di profumo che le arrivò sul volto accarezzandole i sensi, facendole chiudere gli occhi appena. Fu un attimo.
«Grazie… Ma tu?»
«Io sono di acciaio.» Scherzò lui «Tu piuttosto hai le spalle nude, non so come hai fatto finora a non raffreddarti.» «Beh sai nella notte di capodanno è d’obbligo mettersi un po’ eleganti e spesso l’eleganza non è sinonimo di comodità.»
«È molto carino il tuo vestito, ti dona.»
Lei gli sorrise, abbassando gli occhi «Grazie…»
«Figurati.» Le rispose, quasi sussurrando
Tacquero entrambi e lei rifletté sul peso di quel silenzio trovando strano che visto che si conoscevano da una vita avrebbero avuto decine di cose da dirsi eppure non riuscivano a parlare con naturalezza.
Si sistemò di nuovo i capelli dietro l’orecchio e iniziò a strofinare un lembo della gonna tra le dita finché non si girò appena verso di lui, guardandolo con la coda dell’occhio.
Edoardo osservava il quadrante dell’orologio che aveva appena estratto dalla tasca, con la mente altrove.
«E tua madre? Come sta?» Le chiese ad un certo punto, voltandosi verso di lei che si affrettò a rispondere «Lei sta bene.»
Silenzio, di nuovo.
«E i tuoi genitori?» Riprese lei
«Loro continuano ad accumulare soldi, litigano e rompono le scatole… il solito insomma.»
«Come mai litigano?»
Lui si girò ancora una volta verso di lei «Non saprei, non fanno altro da quando sono nato e ormai non ci faccio più caso.»
Lei ascoltava attentamente ogni parola che usciva dalla sua bocca, con educazione.
«E tu Ele? Cosa fai adesso nella vita? Tuo fratello non mi parla mai di te.»
«Studio all’università.»
«Accidenti, sei già all’università! Povero me.»
«Perché?» Gli chiese lei divertita «Perché se anche tu sei arrivata all’università vuol dire che sono proprio vecchio ormai.»
«Ma no!» Rispose lei ridendo «Non sei vecchio, assolutamente.»
«Sarà che per me tu rimarrai sempre la mia sorellina… una bimba goffa, cicciottella, timida e permalosa.»
Lei non accettò volentieri la sua ultima frase e replicò senza pensare con un “Andiamo bene” che provocò in lui una risata «E non sei nemmeno tanto cambiata, riguardo alla permalosità, vedo.»
Si girarono entrambi verso le scale da cui poco dopo spuntò Marco che li raggiunse sedendosi di fronte al divano. La stanchezza non lo aveva minimamente colto, sembrava fresco ed entusiasta come all’inizio della serata.
«Allora Casanova?» Gli chiese Edoardo
«Una bella serata davvero.» Rispose l’altro pimpante
«Beh ci credo, hai pure rimorchiato.»
«Ele vorrei accompagnare Veronica a casa… ti spiace?»
«Che vuol dire scusa? E io come faccio a tornare?»
«Ti accompagno io.» Intervenne Edoardo «Non mi costa nulla, davvero.»
«Ecco bravo accompagnala tu per favore. Facciamo così allora. Sei d’accordo, Ele?»
«Sì sì, non ti preoccupare, tanto avresti fatto comunque di testa tua.» Rispose mostrandosi seccata, nascondendo però di sentirsi contenta di fronte a quel gesto di cortesia di Edoardo.
«Vai subito a letto che è tardissimo e cerca di non fare rumore quando entri dalla porta.» Le baciò la fronte e raggiunse Veronica che nel frattempo lo attendeva poco distante. Li salutarono e uscirono.
«Non si rende conto che certe volte tratta gli altri come se fossero tutti ai suoi comandi! E adesso sei pure costretto ad accompagnarmi.» Borbottò Eleonora stringendo le braccia al petto.
«Dai non c’è nessun problema per me, davvero. Ti vado a prendere il cappotto e andiamo anche noi?»
Lei esitò, improvvisamente non aveva voglia che la serata finisse lì, ora che stare insieme a lui era diventato piacevole.
Durante il percorso in macchina iniziarono a vedersi le prime luci dell’alba. Eleonora guardava Edoardo in modo che non se ne accorgesse, ma lui non si voltò, continuando a guidare con gli occhi fissi sulla strada; lei gli guardava le mani, grandi e forti che afferravano il volante con decisione e poi i suoi capelli ben ordinati e il viso rasato. Lo osservava come fosse una statua dietro la vetrina di un museo studiandone ogni singolo particolare.
«Mi sa che dormirò fino all’una, sono stanchissimo.» disse infine lui girandosi appena nella sua direzione
«Non sai quanto mi senta in colpa!»
«Non lo dire neanche per scherzo, ci mancherebbe altro!»
«Domani vengo a casa tua e ti aiuto a sistemare.»
«Non serve, ti ringrazio. Ci penseranno i domestici dei miei a mettere a posto, per fortuna.»
Eleonora tacque: certe cose le sentiva dire solo nei film. Sapeva che la famiglia di Edoardo fosse benestante e ricca da generazioni ma non immaginava che si servissero pure dei domestici.
La casa della zia era sempre più vicina ed Eleonora sentiva crescente il bisogno di sapere se si sarebbero rivisti prima del-la sua partenza e tuttavia non osava chiederlo, ritenendo intimamente sconveniente qualunque modo scegliesse per formulargli quella domanda. Alla fine lasciò stare.
Arrivarono a destinazione in pochi minuti, lui fermò la macchina e si girò verso Eleonora, che esitava a scendere.
«Beh, allora, dormi bene Ele.» Le disse avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia.
Quel breve contatto le provocò una piccola emozione, repentina, che lei cercò di ignorare.
Lui la osservava con uno sguardo così intenso da spingerla a scendere in fretta per scappare via «Ok allora vado.»
Poco prima di chiudere lo sportello lui la salutò di nuovo e lei lo ricambiò con un sorriso sincero «Dormi bene… anche tu.»
Rimase dal cancello finché la macchina non sparì dietro la curva e a quel punto entrò in casa in punta di piedi per non svegliare sua zia.
Mentre si preparava per mettersi a dormire fissava nello specchio il riflesso del sole che stava sorgendo sulle colline: un nuovo giorno, un nuovo anno, un nuovo inizio.
Si sciacquò il viso e si specchiò ancora una volta mentre una strana sensazione che non riusciva a decifrare si impadronì di lei, le sembrava di essere un’altra, lasciandola senza respiro.

ecc.... ecc.... ;)